Le ricette di questo post sono palak paneer e khuska, riso bollito semplice.
Let me check your bag. Give me your passport. Fill the book. Un pesante libro, ingiallito dal tempo e logorato dall’eccessivo utilizzo mi si presentò di fronte agli occhi. Nome. Nome del padre. Cognome. Nazionalità. Indirizzo. Numero di telefono. Orario di ingresso. Ricordo a memoria la solita trafila da compilare per poter essere accettati dentro un qualsiasi ufficio indiano. L’aria era pesante. Il sole batteva violentemente. Nemmeno un filo d’aria che rendesse quella situazione per lo meno sopportabile. Da quello squallido cortile, cinto da lamiere lerce e tristi, affollato da uomini in divisa verde, incuranti di chiunque gli passasse di fronte, mi insinuai al’interno del FRO, acronimo per l’impietoso Foreigner Registration Office. Tre megalitici metal-detector si ergevano di fronte alla porta di ingresso. Suonavano indipendentemente da chi passasse sotto. Facevano un gran baccano. Ma sembrava che nessuno lo notasse. Due donne avvolte nei loro sari blu cobalto mi presero di nuovo lo zaino per un ulteriore controllo. Stavolta lo misero su uno di quei nastri automatici per poi controllarne il contenuto dallo schermo di un computer di seconda generazione. Superati tutti i controlli, pensai ingenuamente che il grosso del lavoro era fatto, quando mi voltai e mi resi conto del marasma che affollava l’ufficio. Africani, Afghani, Iraniani, Europei, Americani. Tutti lì ammucchiati ad aspettare senza un presunto ordine, come un gregge di pecore che ha perso il cane pastore.
L’aria era assente e l’odore acre. Cercai di capire da che parte dovevo andare. Questa è la fila dei computer, da lì poi raggiungi le altre postazioni. Mi suggerii un ragazzo. Quella non poteva certo definirsi fila, piuttosto un’accozzaglia deforme di persone senza più una dignità. Alzai lo sguardo verso il soffitto, nella speranza di poter respirare dell’ossigeno, se ne era rimasto, e notai un’enorme piantina del mondo, con al centro l’India, in tutta la sua grandezza. Solo una domanda riecheggiava nella mia mente. Perché sono qui. Penso che chiunque fosse lì quel giorno con me si stesse ponendo la stessa domanda. E anche chi vi si stia trovando ora.
Arrivò finalmente il mio turno. La donna dai capelli nero pece e lo sguardo austero afferrò il mio passaporto e trascurando il mio critico stato mentale mi disse: C’è un errore, questo passaporto non lo posso accettare. Senza aspettare una mia risposta, mi ridiede il passaporto e iniziò a compilare il modulo con dati di qualcun’altro.
Ora lo so, in India nessuno ti ascolta. Certe volte fanno finta. Molto spesso fanno fatica. Non è mai facile spiegarsi con loro. Come si accorse anche Pasolini, ‘percepiscono le cose un po’ lentamente, hanno coordinazioni complicate’. Cercai qualcuno che potesse aiutarmi. Mi avvicinai a un giovane dietro al banco delle informazioni. Mentre gli esponevo il problema, mi guardava col suo sorriso melenso. Mi rispose tutt’altro, sempre puntandomi quello stupido sorriso addosso. Dovetti insistere per fargli guardare il mio passaporto e capire quale fosse il problema. Mi disse che non ve ne erano.
Tornai ai computer. Risposi a un elenco di domande. In quella caldura sembravano infinite. Come in una staffetta, mi spostai di postazione in postazione, facendo foto, firmando pile di documenti, dichiarando cose che non avevano più importanza. Avevo solo bisogno di uscire da lì. Finalmente raggiunsi l’ultimo bancone. Finalmente potevo ricominciare a sorridere. Porsi un’incredibile quantità di documenti, prodotto di quelle ore soffocanti, nelle mani dipinte di rosso di un’altra donna. Anche questa volta, con un inflessibile gesto me li ritrovai in mano, senza essere stati timbrati. Protestai. Invano. Il mio passaporto aveva uno stampo incorretto e la registrazione per il permesso di soggiorno mi fu vietata.
Khuska – Riso bollito semplice
Ingredienti:
- 1 kg di riso basmati sciacquato e scolato
- 1 cucchiaino di sale
Portare 3 lt di acqua a ebollizione in una pentola grande a fondo pesante. Quando l’acqua bolle aggiungere riso e sale. Mescolare bene con un mestolo o cucchiaio di legno, coprire e cuocere per circa 12-15 minuti. Quando il riso è quasi cotto ma non ancora pronto, scolare con un setaccio o con un colino molto fine, poi rimettere il riso nella pentola e spruzzarlo con 125 ml di acqua. Mescolare per separare i chicchi e scolare di nuovo. Mettere un telo attorno e sotto il coperchio per assorbire l’umidità, poi mettere su fuoco basso in modo che il riso cuocia nel suo stesso vapore per circa 30 minuti. In alternativa cuocere su fuoco molto basso fino a completa cottura.
Il riso è conosciuto in tutto il mondo come ingrediente fondamentale della cucina indiana. Servito spesso come contorno, al naturale o leggermente condito, il riso può anche essere l’elemento centrale di un ottimo assortimento di ricette: la più nota è senza dubbio biryani.
Dopo innumerevole chiamate all’ambasciata e altrettante esasperanti visite in quell’ufficio, ormai indigesto, ottenni una lettera dall’ambasciata indiana che dichiarava l’errore dello stampo sul mio visto e fui possessore anch’io di quel permesso.
Quella sera tornai in hotel che era buio. Sarei voluta andare a cena fuori con dei ragazzi che avevo conosciuto, ma si era ormai fatto troppo tardi. Decisi di rimanere nel comfort del mio hotel, dove tutti erano gentili e gli interni erano puliti e placidi. Decisi di ordinare del cibo. Ne ordinai tanto. Ancora non mi ero abituata a mangiare nella cantina dell’università e all’odore onnipresente di India, che era riuscito a chiudermi lo stomaco. Non ricordo esattamente tutto quello che ordinai. Sicuramente palak paneer e garlic naan. Mentre ero seduta su un morbido letto, al riparo dai rumori e dal caos, rinfrescata e linda, mi gustai i sapori della cucina indiana. Non potevo più pensare al travaglio delle ore precedenti. Non potevo più provare amarezza o odio. Con la giornata che terminava, terminavano anche le mie angosce e i miei dubbi. E all’interno di quella stanza, l’odore di zenzero e cumino mi dava solo la speranza che il domani sarebbe stato migliore.
Palak Paneer – Paneer con gli spinaci
Ingredienti:
- 100 gr di paneer
- 250 gr di spinaci freschi tritati
- 2 peperoncini verdi senza semi e tritati
- mezzo cucchiaino di zenzero tritato
- un pizzico di sale
- 2 cucchiai di olio
- un pizzico di semi di fieno greco
- 1 cipolla tritata
- 1 spicchio di aglio tritato
- un pizzico di semi di cumino
- 250 gr di pomodori passati
Tagliare il paneer a pezzi di 5 cm di larghezza e 2,5 cm di spessore e tenerlo da parte. Cuocere a fuoco moderato gli spinaci, i peperoncini e lo zenzero con una presa di sale e una spruzzata d’acqua in un tegame capace a fondo pesante per 3-4 minuti circa o fino a cottura degli spinaci. Lasciarli raffreddare, premere per estrarne l’acqua, quindi trasferirli in un frullatore o in un tritatutto e lavorarli fino a ridurli in purè. Mettere da parte. Scaldare a fuoco moderato l’olio in un tegame a fondo pesante, unire i semi di fieno greco e saltare per 30 secondi circa. Aggiungere la cipolla e saltare per 5 minuti circa o fino a farla colorire. Unire l’aglio e i semi di cumino e friggere per 30 secondi, poi aggiungere i pomodori passati e friggere per altri 5 minuti o fino a evaporazione del liquido rilasciato. Unire il paneer e mescolare delicatamente quindi aggiungere il purè di spinaci e cuocere per 2 minuti prima di servire.
Le ricette di questo post sono palak paneer e khuska, riso bollito semplice.